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Emma Bonino

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Updated: Feb 25, 2023

Abbiamo avuto l’occasione di incontrare l’Onorevole Emma Bonino attraverso un collegamento online. Le abbiamo mostrato il nostro operato (blog e interviste) e le abbiamo posto alcune domande. Abbiamo parlato di uguaglianza, parità di genere, Europa, welfare state, ma abbiamo avuto anche modo di confrontarci con la sua lunga attività politica. È bene volgere lo sguardo al futuro, ma è altrettanto importante imparare da chi ci ha preceduti, da chi le battaglie le ha combattute, anche fisicamente, e far sì che quelle conquiste, che ci sembrano ormai acquisite, rimangano vive e intatte. Si deve lottare per il domani, ma anche per quello che c’è oggi e domani potrebbe non esserci più.


Il dialogo si è inizialmente focalizzato sulla differenza tra uguaglianza sostanziale e formale.

La Costituzione perimetra l’uguaglianza in un modo molto chiaro: “tutti sono uguali davanti alla legge”, non in tutte le attività umane, dunque sembra abbastanza difficile da applicare.

È compito delle leggi dello Stato, in applicazione dell’articolo 3 della Costituzione, tentare di colmare i divari con l'obiettivo di arrivare a pari opportunità di partenza perché l'uguaglianza non deve cancellare i meriti, deve garantire gli stessi punti di partenza. Chi si impegna di più di altri , evidentemente, deve avere anche la possibilità di andare avanti. Spesso l'uguaglianza è stata vista come un dato a ribasso, cioè “dobbiamo essere tutti uguali”, ma non dobbiamo essere così né secondo la Costituzione né nella realtà.

Inoltre, questa Costituzione è inserita anche in un contesto internazionale in cui l' obiettivo dell’uguaglianza è perseguito anche con trattati internazionali, in un complesso di regole istituzionali riguardanti l’Italia e altre nazioni.


Emma Bonino è stata Ministro, Senatrice, Deputata italiana e attivista. Si è occupata delle differenze di genere, promuovendo leggi che limitassero queste disparità.

Alcuni esempi che ci ha portato chiariscono perché in Italia c’è bisogno di colmare il gender gap.

La Banca d'Italia conta che se il tasso di occupazione femminile arrivasse al 60%, il PIL italiano potrebbe aumentare di 7 punti percentuale. Ciò non accade, però, perché, mentre il nord Italia si avvicina a questo 60%, da Roma in giù precipita rovinosamente. Inoltre, l'Istat afferma che la perdita di lavoro ha riguardato in questi ultimi anni al 98% le donne. Il governo ora sta cercando, secondo me malamente, di intervenire.


Un tema che sta a cuore alla Senatrice è la condizione della donna nella società. L'On. Bonino ci ha presentato una panoramica dei miglioramenti avvenuti rispetto al passato attraverso il riferimento ad alcune importanti date.

La violenza domestica è stata taciuta nel nostro paese per molto tempo; anzi nel 2008 ci fu una campagna elettorale che riteneva la violenza domestica patrimonio degli immigrati, sorvolando sulla questione che essa accadesse anche tra i bianchi. La frase “io sono mia” è stata sempre un insulto perché le donne sono sempre state o dell'uomo o della famiglia, e lo Stato ha contribuito a renderle oggetto di violenza.

Passi fondamentali verso una piena realizzazione della figura femminile sono la riforma del diritto di famiglia, la legalizzazione dell’aborto, l'introduzione del divorzio, la cancellazione del delitto d'onore, avvenuta solo nel 1981 con la legge 442. Uccidere “per onore” una donna di famiglia era un reato con troppe attenuanti Paradossale come l'onore di una famiglia incombesse solo sulle spalle delle donne e non degli uomini.

Per decenni ci sono stati dei mestieri totalmente preclusi alla donna: le prime donne in magistratura indossarono la toga nel 1965, dopo che solo nel 1963 era stata approvata una legge in Parlamento che sanciva la parità di genere negli uffici pubblici e nelle professioni. A quei tempi, quindi 60 anni fa circa, la maggioranza delle ragazze andava alle magistrali, poche andavano all'università per studi umanistici e ancora meno per studi chiamati ora STEM. Oggi, questo divario è abbastanza superato, ma non si è ancora giunti ad una parità completa.

La scienza è uno strumento fondamentale non solo all'interno del quadro delle pari opportunità, ma anche nella ricerca di cure contro cancro, specie al seno, o nella ricerca che concerne la fecondazione assistita.

Quello che è stato conquistato fin qui deve essere motivazione per tutti per andare avanti: molta strada è stata fatta, ma il portato di concezioni patriarcali, ormai radicate nel senso comune, influisce ancora troppo sulle disparità.


Si è discusso inoltre di altri temi menzionati dall’articolo 3, quali disabilità e razzismo:

Talvolta sono gli incontri fisici a parlare di più delle leggi. "Incontrai Luca Coscioni, dell’omonima Associazione, che mi aprì un mondo nel campo della disabilità che non conoscevo. Luca diceva “sono ridotto nelle mansioni, ma sono un cittadino non un pezzente”. C'è un mondo che si apre quando si ha a che fare con persone che subiscono le conseguenze della disuguaglianza.

Ci sono esempi di razzismo non di fronte alla legge, ma nella vita quotidiana. Di recente per esempio una signora si rifiuta di farsi visitare da un ginecologo perché nero. Situazione analoga a quel film in cui il medico di pelle scura veniva scambiato per l'addetto alle pulizie. Risulta evidente di come le questioni culturali siano le più difficili da sradicare.


L’articolo 3 risulta ancora di difficile applicazione:

Rimangono da portare avanti le questioni della disparità nel lavoro e nelle responsabilità familiari. Anche le condivisioni nella vita di tutti i giorni presentano molte difficoltà, per esempio di tipo economico, in generale a parità di lavoro la donna prende uno stipendio minore.


SPAZIO DOMANDE STUDENTI


Secondo Lei, cosa può essere fatto da ogni persona anche tra i qui presenti per assolvere al compito assegnatoci dall’articolo 3 della Costituzione?

Innanzitutto cercare di applicarlo per se stessi e parlarne in famiglia o a scuola. Infatti la scuola è la rete più capillare che può influire sulla cultura. Sulle disparità di genere vigono non solo veti legislativi ma anche veti culturali e stereotipi che cominciano fin dall'asilo. Ho molto lavorato sullo stringere questo divario tra generi in Italia e mi pare che se tutte le scuole facessero questo percorso che voi state facendo sarebbe un contributo utilissimo: la parità dei punti di partenza non può essere solo imposta dall'alto ma poi va vissuta nella vita d'ogni giorno.



Secondo Lei l'intervento dell'Europa può contribuire a mettere in atto quell’ uguaglianza sostanziale del secondo comma dell'articolo 3?

Da questo punto di visita la Commissione Europea è stata sempre di grande aiuto perché nelle istituzioni europee si scontrano diverse culture: infatti, i paesi del nord nel gender gap sono più avanti, per esempio nella condivisione dei lavori familiari ecc. quindi le direttive europee sulle pari opportunità sono state di grande aiuto in Italia.


Secondo Lei, cosa si potrebbe fare per eliminare i pregiudizi di genere?

Non c'è una soluzione miracolosa, come una legge, che dice basta ai pregiudizi. Questi sono sociali e individuali. Quindi è un lavoro culturale molto lungo in Italia e ci aiuta l'esperienza di altri paesi più avanti di noi in questo. Penso che voi ragazzi abbiate un ruolo importantissimo da svolgere, ad esempio riguardo alla violenza domestica. Credo che la cosa più importante sia parlarne con voi, perché siete i più ascoltati e perché credo che sia una questione da risolvere non solo con le donne. E’ un richiamo alla collettività e alle responsabilità di ognuno.


Riguardo al genocidio in Ruanda, come ha vissuto lei questa esperienza e secondo lei perché è passata così inosservata?

Io per incarico ero Commissaria agli aiuti umanitari nel 1995 quando questo genocidio era già avvenuto nel 1994. Fu una vera e propria guerra civile tra Hutu e Tutsi che scoppiò non tanto all'improvviso perché l’armata Tutsi era già stata formata in Uganda quando ci fu il crollo dell’ aeroplano che portava il presidente ruandese e del Burundi. Scatta questa rivalsa dei Tutsi contro gli Hutu, tribù che erano vissute insieme. Esplode con una violenza di armi tradizionali e vengono sterminati Hutu di tutti i tipi i quali fuggono e io da Commissario li ho incontrati nel marzo 1995 nei campi profughi del Kivu, in Congo.

Mi ricordo che i ruandesi seguirono gli Hutu nel territorio congolese, ne scovarono 250000, ma la comunità internazionale aveva deciso che tutti erano rientrati e non c'era più nessuno in Congo.

Non ce lo ricordiamo più perché successe nel '95 , è un paese fisicamente lontano, non era una minaccia internazionale e non avevamo interessi economici quindi non ci siamo occupati e chi lo ha fatto se n'è dimenticato.

Una storia che ho vissuto! Sapevo di avere un milione di rifugiati al confine tra Congo e Ruanda.


GRAZIE ONOREVOLE EMMA BONINO




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